La malattia varicosa si identifica in una dilatazione patologica ed irreversibile del circolo venoso superficiale degli arti inferiori.
Ne sono affetti dieci italiani su cento e circa il quindici per cento della popolazione mondiale, con significativa prevalenza del sesso femminile.
Le vene varicose, qualora non trattate in modo corretto, possono andare incontro negli anni a molteplici complicanze quali: lo sviluppo di una varicoflebite, la comparsa di un’emorragia improvvisa e/o di temibili lesioni ulcerative di difficile guarigione.
La diagnosi clinica di varici degli arti inferiori è piuttosto semplice in corso di visita specialistica.
Oggi, però, la diagnostica completa della malattia non può più prescindere dall’ utilizzo di metodiche strumentali non invasive quali l’ecocolordoppler per lo studio delle valvole e dei reflussi.
Proprio l’introduzione di nuove metodiche ed il continuo affinarsi delle indagini hanno consentito di proporre al paziente interventi chirurgici sempre meno cruenti e sempre più raffinati.
Si tratta di procedure sempre più spesso ambulatoriali o in regime di day-surgery.
Posta la corretta e rigorosa indicazione al trattamento chirurgico della malattia varicosa, lo stripping (ablazione) della vena safena interna e/o di collaterali insufficienti è ritenuta ancora la procedura più completa, radicale ed efficace.
Negli ultimi anni, però, al fine di migliorare la disponibilità del paziente verso la terapia proposta ed allo stesso tempo di ridurre ancora la già bassa morbidità, sono state proposte opzioni chirurgiche mini-invasive per il trattamento dell’ insufficienza venosa superficiale degli arti inferiori.